Parker e Solar Orbiter insieme per svelare i misteri del Sole

00:13:35 31.01.2025

Perché l’atmosfera più esterna del Sole, chiamata corona, è molto più calda della sua superficie?
Che cosa accelera il vento solare, ossia il flusso di particelle cariche espulse dalla nostra stella che investe anche la Terra?
Questi sono solo alcuni dei grandi quesiti a cui la fisica solare contemporanea sta cercando di rispondere da più di mezzo secolo. Le prime evidenze dirette stanno arrivando però solo da pochi anni, e questo grazie alle missioni Parker Solar Probe di Nasa, lanciata nel 2018, e Solar Orbiter di Esa, decollata nel 2020; due sonde spaziali che si stanno letteralmente tuffando nel Sole, arrivando dove nessuna prima di loro si è mai spinta.
Solar Orbiter è la sonda spaziale che ha portato dei telescopi più lontano che mai dalla Terra, fino a 43,5 milioni di km dalla superficie del Sole; la missione Parker, invece, ha siglato il 24 dicembre 2024 il record assoluto di avvicinamento al Sole, volando a 6,1 milioni di chilometri sopra la superficie del Sole e toccando la sua atmosfera, il tutto senza subire alcun danno.

«In realtà l'atmosfera del Sole non finisce alla superficie che si vede dalla Terra, la cosiddetta fotosfera, in realtà la corona si estende e la Terra stessa è immersa nell'atmosfera esterna del Sole. – afferma Marco Velli, dell’Ucla Space Institute e membro del Parker Solar Probe Team Questa bolla di gas molto caldo – anche in prossimità della Terra, la temperatura è dell'ordine di 4-500.000° C anche se è molto molto poco denso – questa bolla si estende a una distanza fino a 100 volte la distanza della Terra dal Sole, 100 unità astronomiche. Questa atmosfera esterna del Sole si muove in maniera velocissima, supersonica; è un gas in espansione, c’è un vento solare, che poi quando incontra il mezzo interstellare cessa repentinamente attraverso un'onda d'urto. Allora la domanda che ci si è sempre posti è: com'è possibile che una stella abbastanza tranquilla anche se ha un ciclo di attività magnetica, come il Sole, possa produrre un vento con questa velocità, con queste altissime temperature quando la temperatura della superficie del Sole è relativamente modesta - intorno ai 6000° Kelvin o °C è la stessa cosa - e con queste temperature incredibili all'orbita della Terra, tali da scavare questa bolla, appunto, nel mezzo interstellare. Quindi si tratta di capire sostanzialmente come è che nasce la corona solare, dove il gas è stato misurato da molti anni, essere a temperature dell'ordine del milione di gradi. Chi è che compie il lavoro necessario per riscaldare la corona? Si pensa che siano i campi magnetici».

Nel 2021, durante il suo ottavo flyby del Sole, Parker Solar Probe effettua il primo passaggio all’interno dell’atmosfera solare diventando così il primo veicolo spaziale a toccare il Sole. In questa occasione la sonda Nasa ha effettuato anche il primo campionamento di particelle e campi magnetici di una stella. I dati di Parker hanno dato così la prima misurazione diretta di dove si trova il confine tra la fine dell'atmosfera solare e l'inizio del vento solare, rilevato da Parker a circa 13 milioni di km dalla superficie del Sole.

«La sonda aveva come scopo di avvicinarsi al Sole sufficientemente dove il campo magnetico è più forte in qualche modo dell'energia cinetica media delle particelle, quindi l'energia magnetica è più intensa – afferma Marco Velli, dell’Ucla Space Institute e membro del Parker Solar Probe Team il campo magnetico del Sole decresce con la distanza, diventa sempre più basso mentre il vento accelera, e quindi c'è a un certo punto un passaggio al di là del quale il campo magnetico diventa dominante e questa regione si chiama regione di Alfvén; e la sonda solare è stata la prima a entrare all'interno di questa regione e cercare di osservare il motore che riscalda la corona, accelera il vento solare».

Fin dal suo primo passaggio vicino al Sole, avvenuto nel 2018, le indagini in situ di Parker hanno fornito fondamentali osservazioni del vento solare, svelando inaspettatamente come questo flusso di particelle cariche sia caratterizzato da particolari turbolenze.

«Il vento solare, quindi questo gas che viene emesso in maniera così veloce, è in realtà un mezzo estremamente turbolento e con onde di ampiezza enorme che si propagano allontanandosi dal Sole. – afferma Marco Velli, dell’Ucla Space Institute e membro del Parker Solar Probe Team – Queste onde particolari - potremmo parlare di cavalloni per fare l'equivalenza con le onde sul mare - fanno parte di una turbolenza generale: le onde sul mare ci sono sempre, ma ogni tanto si trovano onde anomale. Quello che si è osservato è che queste onde sono talmente di grande ampiezza da addirittura rovesciare il campo magnetico in forma di zigzag. Abbiamo capito che uno dei motivi per cui il vento poi arriva a spingersi a velocità così alte lontano dal Sole, dai 700 agli 800 km/s, è dovuto al fatto che questi cavalloni danno una spinta al vento medio».

Ma i record di Parker Solar Probe non finiscono qui: in occasione del flyby più ravvicinato al Sole di sempre, effettuato a fine 2024, la sonda Nasa è diventata anche l’oggetto più veloce mai creato dall’uomo, sfrecciando attraverso l’atmosfera solare a 692mila km/h. 

«Quando va così veloce intorno al Sole, la sonda sostanzialmente fa una specie di istantanea della struttura della corona in un periodo brevissimo, in meno di un giorno sostanzialmente riesce ad attraversare tutta la corona. – afferma Marco Velli, dell’Ucla Space Institute e membro del Parker Solar Probe Team Quando è molto lontana invece si muove ruotando intorno al Sole alla stessa velocità con cui ruota il Sole, per cui riesce a misurare lo stesso vento su un percorso di grande distanza, quindi riesce a fare anche misure di come accelera il vento».

Questo flyby record di Parker è solo il primo passaggio ravvicinato di una serie di sorvoli e di osservazioni in prossimità che la sonda effettuerà ora ogni tre mesi, sempre alla stessa distanza dal Sole, 6,1 milioni di chilometri sopra la sua superficie. Questo grazie al raggiungimento di un’orbita ottimale dopo 7 sorvoli di Venere realizzati da Parker in oltre 6 anni.

«E adesso accumuliamo misure. Perché vogliamo accumulare misure nel tempo? Perché il sole è una stella magnetica e ha un ciclo di attività. – afferma Marco Velli, dell’Ucla Space Institute e membro del Parker Solar Probe Team Quando Probe è stata lanciata nel 2018 il Sole era vicino al minimo di attività, adesso nel 2025 siamo vicini al massimo di attività e poi starà scendendo nell'attività. Ecco, misurando la struttura della corona e come funziona la corona in diversi momenti di attività magnetica ci darà una immagine, come dire, anche temporalmente corretta dell'evoluzione della dinamica della corona e dell'eliosfera, quindi del vento solare, a diversi momenti del ciclo di attività solare».

I successi e le scoperte della sonda Parker di Nasa arrivano anche grazie alla sinergia con Solar Orbiter di Esa, l’altra missione che in questi anni sta studiando da vicino il Sole. Nel 2022, quando erano rispettivamente a 9 milioni e a 89 milioni di km dal Sole, Parker e Solar Orbiter si sono allineate, venendo investite dallo stesso flusso di vento solare con due giorni di distanza, potendone così studiare insieme l’evoluzione nello spazio.

«Solar Orbiter è la sonda che porta i telescopi più lontani da Terra mai costruita – afferma Marco Velli, dell’Ucla Space Institute e membro del Parker Solar Probe Team – In questa prima fase è riuscita, avendo un'orbita più lenta di Probe, ad avere quelle che si chiamano congiunzioni in cui Probe e Orbiter si trovano sulla stessa linea e quindi misurare come le onde, queste onde di cui vi ho parlato, questi cavalloni magnetici, possono poi contribuire all'accelerazione del vento solare facendo misure dirette dello stesso pacchetto, dello stesso plasma proveniente dal Sole a due diverse distanze dal Sole. E questo è stato un primo allineamento e ha dimostrato come queste onde effettivamente svolgono un ruolo fondamentale nell'accelerare il vento solare».

A differenza di Parker di Nasa, a bordo di Solar Orbiter si trovano strumenti per indagini in situ ma anche strumenti di telerilevamento in grado di osservare a distanza i diversi strati dell’atmosfera del Sole.

«Solar Orbiter analizza simultaneamente le regioni, le sorgenti che sono origine del vento solare con degli strumenti di telerilevamento che sono in grado di fornire informazioni sia della fotosfera, quindi degli strati più bassi dell'atmosfera del sole dove l'energia viene immagazzinata, e fino agli strati più alti, quelli coronali, dove invece l'energia viene rilasciata anche in modo impulsivo. – afferma Marco Stangalini, responsabile di programma ASI della missione Solar Orbiter  – Simultaneamente in quel caso in cui ci sono allineamenti, quello che poco prima Solar Orbiter ha osservato sull'atmosfera del sole, nell'atmosfera del Sole si trova a transitare in prossimità di Parker Solar Probe ed eventualmente anche poi proseguendo il suo viaggio di allontanamento dal Sole del vento solare, quindi di espansione nel sistema interplanetario, ad arrivare anche a Solar Orbiter stesso. Quindi in quel in quel caso in cui si hanno allineamenti di questo tipo si ha la possibilità di studiare eh il comportamento e l'evoluzione del plasma durante la propagazione nello spazio interplanetario, ma allo stesso tempo cercare di studiare le sorgenti che hanno originato questo plasma e quindi in questo senso le due missioni sono estremamente sinergiche».

Pur rimanendo più distante dal Sole rispetto a Parker, la dotazione simultanea di telescopi e strumenti in situ rende la missione Solar Orbiter unica e fondamentale per svelare l'origine dei fenomeni atmosferici solari sulla superficie del Sole.

«La particolarità di Solar Orbiter è che già al suo interno possiede sia strumenti in situ, quindi del tutto analoghi a quelli che sono su Parker Solar Probe e quindi analizzano la composizione del plasma, il campo magnetico nel vento solare lì dove si trova a passare lo spacecraft, ma allo stesso tempo ha strumenti di telerilevamento proprio per operare questa connessione di cui parlavo prima tra il vento solare in situ e le sorgenti, ed eventualmente anche rintracciare quali siano le sorgenti di quello che si osserva e si misura a più grande distanza. – afferma Marco Stangalini, responsabile di programma ASI della missione Solar Orbiter  – E questa è una possibilità unica di studiare il Sole, se pensiamo che, fino a qualche anno fa, prima di Solar Orbiter non avevamo missioni che erano in grado non solo di osservare il Sole da una distanza riavvicinata, ma anche appunto di cercare di capire quale fosse la connessione tra quello che avviene in termini di processi fisici dentro l'atmosfera del Sole e quello che poi è il risultato di questi processi e del loro impatto nello spazio interplanetario».

Le risposte ai misteri del Sole stanno arrivando quindi anche grazie all'Italia.  La missione Solar Orbiter di Esa vede, infatti, il contributo italiano sotto il coordinamento dell'Agenzia Spaziale Italiana, con il coinvolgimento dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, del Cnr e di diverse università italiane, nonché dell'industria italiana, che ha fornito un intero strumento, Metis.

«Metis è il coronografo a bordo di Solar Orbiter, è uno strumento che occultando la luce che arriva dal disco solare permette di osservare le regioni più esterne della corona solare e quindi quegli strati più esterni dell'atmosfera dove ha origine il vento solare. – afferma Marco Stangalini, responsabile di programma ASI della missione Solar Orbiter  – L'altro contributo italiano, sempre sotto la guida della il coordinamento dell'Agenzia Spaziale Italiana è l'unità di processamento di bordo dello strumento Swa, che è uno strumento che analizza il vento solare in situ.
E infine un altro contributo italiano è dato dalla fornitura del software per l'imaging dello strumento Stix, strumento X che studia i flares solari. Ecco, quindi un contributo sostanzioso, mi verrebbe da dire, che vede il coinvolgimento sia della comunità scientifica, ma anche della comunità industriale italiana».

 

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