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La speranza è questione di numeri. In questo caso numeri esorbitanti, che superano tutte le aspettative. Il 10 maggio la NASA ha destato molto stupore nella comunità astronomica rivelando la quantità di esopianeti individuati dal cacciatore Kepler. Naturalmente non tutti sono candidati papabili per essere una nuova 'Terra', ma il dato resta stupefacente: d'altronde fino a vent'anni fa non si aveva cognizione di quali fossero i numeri dei pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare. L'ultima cifra da capogiro è 1284: sono le formazioni individuate nello Spazio che potrebbero essere dei pianeti. In particolare, sono quelli che hanno una probabilità di esserlo superiore al 99%. E' questo infatti il minimo richiesto dall'agenzia spaziale statunitense per conferire la qualifica di 'esopianeta' ai corpi osservati da Kepler. Ma non finisce qui. In lista d'attesa ci sono altri 1327 corpi celesti che aspettano ulteriori verifiche. A parte l'entusiasmo iniziale, bisogna fare una necessaria cernita delle nuove scoperte. Tra i pianeti censiti, infatti, solo 550 sono rocciosi. Hanno, cioè, una conformazione come quella terrestre. L'analisi è stata fatta basandosi sulle loro dimensioni. Tra questi solo nove si trovano nella cosiddetta zona abitabile: è quella fascia in cui la distanza del pianeta dalla stella attorno a cui orbita permette temperature compatibili con la presenza di acqua allo stato liquido. Considerati quelli individuati in precedenza, il numero totale di pianeti candidati ad essere delle 'nuove terre' sale a 21. Prima del lancio del telescopio Kepler non si sapeva se gli esopianeti fossero rari o comuni. Adesso sappiamo che ci sono più pianeti che stelle e questa consapevolezza dovrà guidare le missioni del futuro, che dovranno svelare se siamo soli nell'Universo oppure no. Peraltro è proprio sulle stelle che lavora Kepler: studiando i cambiamenti nella luminosità il telescopio percepisce la presenza o meno di un corpo celeste che passa davanti a loro. Un po' come è successo quando, il 9 maggio, Mercurio è transitato davanti al nostro Sole. La vera novità annidata nell'annuncio della NASA sulle nuove rilevazioni di Kepler riguarda però un altro aspetto: non i numeri, ma il metodo. Il primo autore dell'articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista The Astrophysical Journal è Timothy Morton, ricercatore all'Università di Princeton. E' stato lui a mettere a punto una tecnica per assegnare a ogni corpo celeste individuato da Kepler una percentuale di probabilità di essere un pianeta. E' un metodo di analisi statistica che può essere applicato a tanti candidati contemporaneamente. Si tratta del primo metodo automatizzato su scala così grande. La metafora che usano per spiegare il sistema è quella del pulcino e l'uovo. Non si può dire prima se quello che uscirà dall'uovo sarà un pulcino o no prima che l'uovo stesso si sia schiuso. Invece questo metodo permette di sapere prima se accadrà o no. Kepler è una missione lanciata nel 2009: è la prima destinata dalla NASA alla ricerca di pianeti abitabili simili alla nostra Terra. Per 4 anni Kepler ha monitorato 150mila stelle in un singolo lembo di cielo. 2.325 candidati papabili all'abitabilità sono pianeti scoperti da Kepler. Nel 2018 il Transiting Exoplanet Survey Satellite userà lo stesso metodo per monitorare 200mila stelle alla caccia di nuovi, altri, pianeti, concentrandosi su Terre e SuperTerre.