Trascrizione audio
La pagina di scienza scritta a partire dall’osservazione delle onde gravitazionali sarà studiata sui libri di scuola, e ieri ne abbiamo avuto definitiva conferma. Ma cosa significa esattamente questo nuovo modo di studiare il cosmo? Per rispondere facciamo un salto indietro nel tempo di oltre 400 anni, quando Galileo punta il suo cannocchiale verso la Luna: è il primo utilizzo di uno strumento per vedere più nitidamente gli oggetti celesti, dopo millenni di osservazione del cielo a occhio nudo. Da allora la conoscenza astronomica si sviluppa attorno alla continua e sempre più precisa amplificazione della vista, che nel corso degli anni si estende di frequenza in frequenza: dallo spettro visibile su fino all’ultravioletto e ai raggi X, e poi di nuovo giù nella banda dell’infrarosso. È come se i vari telescopi terrestri e spaziali aggiungessero continui nuovi canali, applicati però sempre allo stesso senso, la vista appunto. La scoperta delle onde gravitazionali ha introdotto un nuovo senso in astronomia: l’udito, che attraverso le orecchie finissime degli interferometri è arrivato a captare il respiro dell’universo. Quello prodotto da un evento cosmico lontano nel tempo, che nel caso dell’ultima onda catturata è stato generato dalla fusione di due stelle di neutroni. E così per la prima volta vista e udito hanno lavorato insieme, captando dalla radiazione gamma sempre più giù, fino alle onde radio. Non resta quindi che affinare sempre di più i sensi che abbiamo imparato a usare, in attesa risvegliare il prossimo.