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Le news di questa settimana: Philae e Rosetta da un landing all'altro: la missione Esa verso il gran finale - Nubi di ghiaccio sui cieli di Titano - Destino di morte tra le pieghe di Phobos. Mentre si celebra il primo anniversario dallo storico, rocambolesco atterraggio di Philae sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko avvenuto il 12 novembre 2014, il team di Rosetta è impegnato su più fronti. Da una parte, sono ripresi i tentativi di prendere contatto con il piccolo esploratore robotico: ora che la cometa si sta allontanando dal Sole e l'attività di 67P è meno intensa, la sonda europea è tornata a scendere sotto i 200 km di quota per captare eventuali segnali inviati da Philae. Dall'altra, si sta lavorando alla pianificazione dell'evento che segnerà la fine della missione operativa: un impatto controllato dell'orbiter sulla superficie della cometa, annunciato a giugno e programmato per la fine di settembre 2016. La definizione della traiettoria di discesa e la zona in cui avverrà il contatto sono ancora al vaglio degli scienziati, ma gli obiettivi sono già definiti: si tratterà di portare Rosetta sempre più vicino alla cometa, inserendola su orbite ellittiche che negli ultimi due mesi diventeranno via via più strette, fino quando negli ultimi giorni prima del lento impatto controllato, la sonda si troverà quasi a sfiorare 67P, volando ad appena un chilometro dalla superficie dell'antico corpo ghiacciato. In quelle preziosissime ore Rosetta, sarà impegnata in una febbrile quanto delicata attività di raccolta dati e di immagini dall'altissimo valore scientifico che si prevede ricca di sfide: Rosetta vi arriverà forse un po' acciaccata, dopo aver vagabondato 12 anni nello spazio, cavalcando l'orbita di una cometa durante il suo perielio e respirandone i vapori. E poi si troverà molto lontana dal Sole, oltre l'orbita di Giove, distante come non mai dalla sua fonte di energia e non potrà far operare tutti gli strumenti di bordo contemporaneamente. Riuscirà anche in questa ultima impresa? Ce lo auguriamo. Di sicuro, come è stato per il suo risveglio e in occasione dell'atterraggio di Philae, ci sarà chi dal lontano pianeta Terra farà il tifo per lei e l'accompagnerà a suon di cinguettii telematici durante l'incontro finale con la sua cometa. Inverno in arrivo a sud di Titano. Secondo il set di dati, collezionati attraverso lo spettrometro ad infrarossi di Cassini e presentati lo scorso 11 novembre nel corso del meeting annuale del dipartimento di scienze planetarie dell’American Astronamical Society, nubi di ghiaccio e freddo record sferzano il polo sud della luna di Saturno, mandando a picco le temperature fino a meno 150 gradi Celsius. La sonda di esplorazione planetaria Cassini, un progetto realizzato attraverso la sinergia tra le agenzie spaziali di Italia, Europa e Stati Uniti, era in ricognizione sopra il cielo di Titano quando, grazie allo strumento CIRS, ha scattato un book di immagini alle lunghezze d’onda della radiazione termica visibile, avvistando in corrispondenza del polo sud una nube extra large composta di ghiaccio nella media-bassa atmosfera, ad un’altitudine di circa 200 km. Già nel 2012 la missione robotica aveva individuato nuvoloni di particelle gelate nell’emisfero australe del satellite, ma la scoperta odierna ha dell’incredibile: oltre ad essere di dimensioni di gran lunga maggiori della precedente, essa è a quota più bassa e rappresenta il passaggio tra l’autunno e il rigidissimo inverno alieno ed è la prima volta che un satellite effettua un reportage del cambio di stagione in corso su Titano. Secondo le analisi del team di scienziati la nube di ghiaccio polare si è originata tramite la circolazione di gas da zone calde a zone fredde, un percorso in cui l’aria affonda sempre più in basso e in cui le varie componenti – idrogeno, carbonio e azoto - si condensano a diverse altezze mano a mano che incontrano le rigide temperature che le fanno gelare, formando strati di ghiaccio in diversi punti dell’atmosfera. CIRS e Cassini inoltre hanno tenuto d’occhio anche il polo nord della luna ma il segnale era troppo debole perché si potesse avere un bollettino climatico così dettagliato. Tuttavia le rilevazioni del mondo di sotto guideranno gli esperti nella definizione delle caratteristiche stagionali del satellite saturniano, così lontano ma straordinariamente familiare. Un’attrazione fatale dalle conseguenze catastrofiche, questo è quanto sentenzia un’equipe del NASA Goddar Space Center a proposito della laison tra il pianeta Marte e la sua grande luna, Phobos. Osservando le lunghe e profonde venature che solcano la superficie del satellite alieno, è stato possibile prevedere il futuro del corpo celeste, destinato a morte certa per via del suo incedere serrato attorno al suo mondo. Phobos infatti tra tutti quelli del Sistema Solare, è il satellite dall’orbita più prossima al suo pianeta madre, da cui dista solo 6.000 chilometri e proprio questo rapporto morboso e la gravità esercitata dal gigante rosso sulla fedele adepta stanno letteralmente spaccando la superficie della luna che si appresta a sbriciolarsi entro i prossimi 30 o 50 milioni di anni. Le fratture sul volto della pallida Phobos sono state imputate nel passato agli impatti che avevano originato il cratere Stickney ma uno studio più accorto ha dimostrato che non si tratta di scalanature irradiate dal centro del cratere ma piuttosto di smagliature originate dalla deformazione superficiale indotta dalle forze mareali. Tali forze sarebbero mosse dallo stretto contatto tra Marte e Phobos che deformerebbe la crosta della luna fino a sgretolarla. Questa configurazione accrediterebbe anche nuove ipotesi sulla composizione interna del satellite, che sarebbe fatto di detriti faticosamente rinsaldati tra loro e circondati da uno strato di polvere di regolite spesso 100 metri. Un aspetto che condanna il precario amante a dissolversi mentre circonda il gigante amato