Trascrizione audio
Chissà come vedeva Alan Bean il futuro dell'esplorazione umana dello spazio, lui che fu il quarto uomo a camminare sulla luna. Perché se da una parte la Nasa celebra la scomparsa di uno dei pionieri dello spazio americano, dall'altra conta i giorni che la separano dalla riconquista dell'autonomia nel trasporto di astronauti in orbita, per sganciarsi dalla dipendenza dai voli russi. Lo scorso 20 maggio infatti, la Nasa ha presentato le nuove crew di astronauti, a conferma della presenza americana sulla stazione fino al 2020. Gli ultimi voli con la Soyuz erano inizialmente in programma per il 2018 ottenuti grazie a un accordo tra Boeing ed Energia, un’azienda aerospaziale russa. Questo avrebbe causato un’assenza degli Stati Uniti sulla Iss di un anno in attesa delle idoneità al volo delle navette di Space X e Dragon. E’ stata quindi necessaria una modifica al contratto stipulato dalla Nasa con Boeing con l’opzione di trasformare il volo di test in un volo di servizio. La modifica include l’aggiunta di un terzo astronauta e l’estensione del periodo di permanenza della navetta sulla Iss da due settimane a sei mesi: un ulteriore escamotage per mitigare gli effetti di eventuali ritardi nello sviluppo. L’azienda Energia ha inoltre annunciato che la Boeing stava negoziando l’acquisizione di una Soyuz per una missione nel 2020 che permetterebbe di portare due astronauti Usa sulla Stazione. Il portavoce della Boeing ha poi smentito questo fatto, dichiarando che l’azienda è fiduciosa del fatto che la Cts 100 Starliner sarà pronta nei termini stabiliti con la Nasa, in tempo per far volare in sicurezza gli astronauti americani.