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Da oggi le stelle killer, in grado di inghiottire pianeti nelle loro vicinanze lasciando pochissime tracce, potranno essere identificate con più facilità
Trascrizione audio
Da oggi le stelle killer, in grado di inghiottire pianeti nelle loro vicinanze lasciando pochissime tracce, potranno essere identificate con più facilità. Finora l’unica prova dell’avvenuto processo di cannibalizzazione è stata identificata dagli astronomi nella presenza di notevoli quantità di metalli più pesanti dell’elio all’interno delle stelle. Nel dettaglio l’abbondanza di silicio, ossigeno e carbonio è indicativa della presenza di un pianeta, che necessita di queste sostanze per potersi formare.
Nel tentativo di ricostruire la scena del delitto i ricercatori hanno creato delle simulazioni, che mostrano le fasi del processo di cannibalizzazione. Gli astronomi hanno osservato che il materiale ricco di metalli all’interno di una stella ha densità diverse rispetto a quello presente negli astri situati nelle vicinanze. Di conseguenza possono crearsi delle vere e proprie correnti che trascinano quei metalli più velocemente di quanto farebbe la sola gravità.
Questa teoria non può essere applicata a tutte le stelle, dato che le loro dimensioni e la quantità di materiale inghiottito influenza il processo. Per ora gli scienziati hanno scoperto che le stelle trattengono i metalli sulla loro superficie per meno di un miliardo di anni.
Pertanto, per identificare le stelle killer, gli astronomi devono scovare un oggetto di età inferiore. In particolare vanno analizzati i sistemi binari dotati di una stella particolarmente ricca di metalli rispetto alla sua compagna.